GIUSEPPE CALICCIA – Choosy, i vantaggi di una laurea oggi

In questo periodo capita spesso, sfogliando i giornali o guardando la televisione, di sentire parlare di giovani laureati e mercato del lavoro. Ciò che affiora è, tendenzialmente, la voce di due posizioni diametralmente contrapposte: un eccessivo paternalismo o una sorta di tiro al bersaglio.
 
Dai dati istituzionali e dalla RGS, invece, emerge un profilo dei giovani laureati ben più vivace e meno stereotipato di quanto raccontato.
 
Vediamo, quindi, i dati cosa mostrano.
 
L’ISTAT, sull’occupazione e sulla disoccupazione, è chiara e presenta un costante peggioramento della situazione lavorativa in Italia con un decremento occupazionale e un aumento della disoccupazione (+0,8) tra il dicembre 2010 e il dicembre 2011.
 
A questa condizione preoccupante, viene detto da più parti, occorre rispondere con la formazione e quindi…
 
“La laurea è la carta vincente per ottenere maggiori opportunità lavorative e non ci si può lamentare se ci si laurea tardi, con voti bassi e senza una minima esperienza lavorativa pregressa!”
 
Però sia sul primo punto che sugli altri occorre mostrare dati a supporto, altrimenti si corre il rischio di essere facilmente smentiti o dover far marcia indietro più di una volta.
 
Quindi, analizziamo i dati oggi disponibili e vediamo cosa emerge.
 
Il MIUR osserva che la situazione occupazionale dei laureati in Italia migliora rispetto ai diplomati solo dopo il 35 anno di età (disoccupazione per laureati > 35 anni = 2,2% contro disoccupazione per diplomati > 35 anni = 3,8%, mentre prima i diplomati presentano tassi di disoccupazione inferiori).
 
Quindi, i neolaureati si trovano oggi in Italia ad avere un'aspettativa occupazionale che prevede un reale riscatto solo dopo il 35° anno di età con una situazione contrattualistica che tende ad una sempre maggiore precarizzazione e una stabilità lavorativa messa ogni giorno in discussione.
 
E i giovani laureati cosa fanno?
 
La loro risposta, invero, è basata su voti alti, velocità di uscita dall'università e rapporto con il mercato del lavoro anche durante il periodo di studio.
 
Infatti, i neolaureati nel corso specialistico (5 anni) escono mediamente al compimento del 26,6° anno con un voto medio di 107,1 su 110. Quasi il 75% ha svolto lavori durante l’esperienza universitaria e di questi il 35% continua l’esperienza anche dopo la laurea (dati Recent Graduates Survey).
 
Il dato allarmante è che la maggioranza di questi lavori è atipica e rimarrà tale, almeno, fino al terzo anno dopo il conseguimento del titolo (cfr. MIUR).
 
Praticamente tutto il contrario di quanto viene da tempo detto a loro riguardo.
 
Ovviamente, in questa situazione e con il costante aumento dei prezzi al consumo diventa quasi un azzardo andare a vivere da soli pagando un affitto o, ancor peggio, crearsi una famiglia.
 
Il rischio che stiamo correndo e del quale si cominciano ad avere le prime avvisaglie è da un verso l’altissima emigrazione di neolaureati di qualità e dall’altro la sempre minore scelta di investimento nell’università.
 
Chiaramente, in una realtà che concede all’Italia come unica possibilità di recupero l’innovazione e le idee (più che la manifattura, ormai appannaggio dell’est Europa e dell’Asia), perdere chi dovrebbe essere il traghettatore di questa fase si presenta come il pericolo maggiore da evitare.