Employer Branding: differenze tra oracolo e marketing intelligence!

Lo staff che si occupa di Employer Brand in azienda ha l’appuntamento alle 10:30. All’ordine del giorno il tema è: ragionare sulla nuova strategia.

Bene, da dove iniziare?

Ovviamente si deve cominciare dalla ricerca delle informazioni sullo scenario e sulla popolazione oggetto della nuova campagna.

Come prima azione il responsabile scarica tutti gli ultimi articoli che presentano dati secondari freschi (ricerche effettuate da altri o commissionate da altri) e dati che è riuscito a scovare nei siti del Miur, dell’Istat e di altre fonti istituzionali relativi alle persone con cui si intende comunicare.

I dati istituzionali sono certi e, quindi, non si rischia nulla nel prevedere investimenti economici e di risorse basandosi su quelle informazioni. Ma come avere la garanzia che anche le ricerche pubblicate da enti privati siano affidabili e attendibili?

In una società in cui non si controllano le fake news figuriamoci se viene controllata l’attendibilità di tutte le ricerche che si pubblicano in rete o a mezzo stampa!

Fondamentale è controllare la nota metodologica.

Come sono state condotte le ricerche di cui gli articoli presentano i dati?

Il responsabile, però, non è né un metodologo né uno statistico per cui alza la cornetta e chiama un suo amico ferrato in materia.

“Ciao, avrei un bisogno da soddisfare! Ho una decina di articoli che parlano di come i neolaureati percepiscono il mercato del lavoro e dei loro atteggiamenti nei confronti delle aziende. Alcuni di questi articoli mi sembrano in contraddizione. Mi puoi indicare un modo veloce per fare una cernita tra gli articoli attendibili e quelli non utili a prevedere investimenti su interventi diretti all’intera popolazione dei neolaureati di quest’anno?

Ma certamente, risponde l’amico. La prima cosa che devi fare per accertare l’attendibilità di una indagine è controllare la composizione del campione.

Infatti, tranne che in rarissimi casi in cui si effettua un censimento (cioè si contattano tutti i componenti di un universo statistico di riferimento – esempio tutti i neolaureati italiani del 2017) il resto delle indagini sociali o di mercato vengono condotte su un campione della popolazione.

Bene, il campione può essere di due tipi. Un campione statisticamente rappresentativo o un campione non rappresentativo.

La differenza consiste nel fatto che: il primo (quello rappresentativo) mostra, con un determinato errore standard, ciò che l’intera popolazione pensa o fa; il secondo invece, non essendo rappresentativo dell’intero universo di riferimento, propone solamente quello che pensa o fa chi ha partecipato all’indagine.

Per cui nel primo caso i dati sono utili per avere delle informazioni su tutta la popolazione di cui il campione è una piccola porzione, mentre nel secondo caso se il campione è composto da 10.000 soggetti si saprà cosa pensano e fanno solamente quei 10.000 intervistati e non uno di più o uno diverso da chi ha risposto (la medesima cosa si può dire per campioni non rappresentativi con numerosità maggiori).

È importante sapere che la numerosità è solo una componente della rappresentatività. Considera che in un campione senza ripetizione bastano 2.500 individui per avere un errore standard del 2% con intervallo di fiducia del 95% (che vuol dire avere nel 95% dei casi che si riscontreranno sull’intera popolazione uno scostamento massimo del più o meno 2% dai dati ottenuti dall’indagine). Questo, però, sempre a patto che il campione sia composto in modo rappresentativo statisticamente.

Per rappresentativo statisticamente si intende, con una semplificazione, che il campione contattato deve essere un’istantanea della popolazione relativamente ad alcune caratteristiche fondamentali in un determinato periodo. Se, per esempio, parliamo di neolaureati italiani del 2017 sarà importante rispettare la stessa proporzione che si riscontra nell’intera popolazione di neolaureati italiani del 2017 tra uomini e donne, tra residenti del nord-centro-sud Italia e tra corsi di laurea seguiti.

Se questo passaggio di costruzione del campione non è effettuato e si intervistano o indagano tutti quelli che si riesce a contattare senza fare nessuna differenza di composizione, il campione non potrà essere rappresentativo anche se vanterà grandi numerosità.

Ora, sappiamo anche che la composizione del campione deve essere sempre indicata in nota metodologica ma molto spesso viene omesso il metodo di contatto, l’estrazione e la composizione del campione. Ancor più spesso non compare l’errore standard e l’intervallo di fiducia.

Quindi, il mio consiglio è di andare a controllare per prima cosa alcuni dati demografici quali sesso o provenienza geografica. Se tra questi dati emerge una chiara incongruità con l’intera popolazione, per esempio molte più donne rispetto agli uomini oppure assenza di persone residenti nel centro Italia, è sicuro che il campione non è rappresentativo e, quindi, non sarà utile ai tuoi scopi.”

Il responsabile della divisione Employer Branding, ringraziato l’amico e analizzati gli articoli in suo possesso, si presentò in riunione con molto meno materiale!

 

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